Una lunga strada da fare

Peter S. Beagle
UNA LUNGA STRADA DA FARE
Mattioli 1885

Aprile 1963: in una strada periferica di New York city Peter e Phil, in sella rispettivamente a Jenny e Couchette - due mastodontici scooter Heinkel a quattro tempi - prendono la strada alla volta della California. Questo per loro sarà più di un viaggio e rappresenterà lo spartiacque verso la consapevolezza dell’età matura. Prima di giungere alla meta avranno a disposizione qualche migliaio di chilometri per conoscere meglio se stessi, il loro Paese e i loro connazionali, aiutati dalla precisa scelta del percorso da seguire “...l’idea è di tenerci lontani da autostrade e strade a pedaggio...”, facendo di “Una lunga strada da fare” un antesignano di “Strade Blu”, il libro di William Least Heat-Moon, pubblicato solo una ventina d’anni dopo e diventato oggi una pietra miliare della narrativa on the road. I due scooter, battezzati con nomi propri, la dicono lunga sul rapporto uomo/scooter che va consolidandosi con le difficoltà del cammino:

“I motori stanno lavorando troppo duro sulle marce basse, le marmitte stanno subendo dei salti così impietosi che non hanno modo di assorbirli; e Dio solo sa cosa sta succedendo ai pneumatici. Da esseri umani ci sembra di non soffrire quanto le macchine che stiamo cavalcando, il che è un atteggiamento veramente stupido (...). A ogni scossa mormoro: ‘Mi dispiace Jenny. Scusa mia cara’.”

La sofferenza di mezzi e uomini è una costante del viaggio:

“...un mese fa stavamo congelando sulla West Fourth Street all’una del mattino. Un giorno vorrei scrivere uno di quei libri di viaggio: mille modi per congelare a soli cinque dollari al giorno.”

L’autore da prova di essere una penna di razza, cosa che si confermerà con una brillante carriera di scrittore negli anni a venire. Nel suo racconto è abile nel cogliere dettagli mai banali dei luoghi e delle persone che incontra e li descrive al lettore con efficaci e originali metafore a cui non si resta indifferenti:

“...occhi indescrivibili. Hanno la forma del diamante e il colore del cemento, e non sembrano affatto occhi, ma finestre affacciate su un muro di pietra bianca oltre il quale non c’è via di fuga”.

Sono gli incontri a scandire il tempo di queste pagine e fanno di questo libro la lettura ideale per tutti quelli che quando viaggiano godono del senso del loro passaggio nella vita delle altre Persone.

“Questo pomeriggio parliamo con tutti. Una delle cose che ci ha colpito di più nel viaggio, nonostante o in virtù dei fugaci incontri che abbiamo con le persone, è la terribile voglia che la gente ha di parlare con qualcuno. Non riescono a farsi ascoltare (...). Si limitano invece a mettere dei messaggi in bottiglia che affidano al mare rappresentato da noi sconosciuti, e le lettere sembrano sempre dire: ‘Salvami, salvami!’.”



A volte capita che arrivando alle ultime pagine di un romanzo di viaggio si percepisca un calo di intensità, un po’ il sentimento che si prova avvicinandosi alla meta e l’entusiasmo scema senza altre tappe in prospettiva. “Una lunga strada da fare” è un’eccezione, le ultime pagine raccontano delle crescenti difficoltà che non spengono l’entusiasmo e il viaggio si conclude col sorriso fischiettando una canzone di Brassens.
Si lascia questo libro accompagnati da un’appendice scritta dall’autore nel 2006, quando il volume è tornato in libreria, un’analisi che è l’elaborazione di quanto vissuto e di quanto ne è seguito a quarant’anni di distanza.
Bella e apprezzabile la scelta editoriale di chiudere il volume riportando una corrispondenza tra l’autore e il curatore dell’edizione italiana in cui Peter S. Beagle ricorda con piacere della sua permanenza in Italia nel 1959 e nel 1960, e gli racconta di Marinette, una Lambretta LI150 che lo accompagnò a zonzo per la penisola, da Firenze a Venezia a Milano, poi Domodossola e le Alpi, fino in Francia.

Incipit.
Da New York ad Ann Arbor.
Alle sette di una fredda mattina di aprile siamo seduti nella cucina di Phil a bere del caffè. Si è alzato un po’ di vento, che sbatte contro il bucato appeso e si dimena come un lottatore indiano, sibilando metre passa attorno agli angoli dell’edificio. Il cielo è grigio come un fazzoletto sporco.
“Si schiarirà,” dico .
“Fa sempre così. Le mattine d’aprile ingannano sempre.”
“più che ingannare sono fredde,” dice Phil.
“Tu e il tuo cazzo di aprile. Quante volte ti ho detto che, fino a maggio, a New York non fa caldo?”


Peter S. Beagle
UNA LUNGA STRADA DA FARE
Mattioli 1885

Questo libro è disponibile tra i titoli a catalogo della LIBRERIA UNIVERSITARIA




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